INTERVISTE

COMPAGNIA AREAREA/MARTA BEVILACQUA // VISAVÌ MEETS ART FOUR

Se dovessi spiegarlo a un bambino: perché hai iniziato a danzare?
Per gioco! Perchè per me la danza è un gioco meraviglioso fatto di tante persone!

Secondo la tua personale esperienza, il confine è
Una forzatura del potere e del mentale.
Il confine è un concetto politico che genera dolore.

Quattro danzatori abitano gli scorci che si affacciano alla Galleria Spazzapan di Gradisca d'Isonzo interagendo con alcune opere esposte e lo spazio urbano. La vostra sarà una performance site specific in un luogo affascinante non convenzionalmente deputato allo spettacolo, com’è nata quest’idea e perché?
Amiamo integrare il corpo nello spazio, renderlo a sua volta opera d'arte, portare la danza al suo aspetto estemporaneo. La danza accade tra i corpi, sfugge tra le opere d'arte, si rifugia nell'occhio dello spettatore. La Galleria Spazzapan, che in questo momento è in ristrutturazione, è un luogo talmente fertile che riesce ad espandersi ed essere museo a cielo aperto.

La cosa più interessante che avete notato accadere in questo genere di sperimentazione?
Che lo spazio modifica la nostra scrittura, che la bellezza del pubblico ci rigenera.

Se dovessi spiegare questa performance con tre parole
Singolo, doppio, quadruplo.

Convincimi a venire a vederla
Danziamo proprio per te.

COMPAGNIA BELLANDA // VISAVÌ EXPERIMENTAL CONTEST

Come funziona “Visavì Experimental Contest”?
Visavì experimental contest è, in gergo, una “battle show” ovvero un evento in cui l'organizzazione invita direttamente i danzatori ospiti che si esibirianno e parteciperanno alle sfide. Danzatori che si sono distinti in altri contest e festival e che vengono appunto invitati direttamente a partecipare e portare una personale visione della danza.
2 coppie si “sfidano” faccia a faccia. Quindi 2 contro 2.
Tutti gli stili di danza sono ammessi e tutti gli stili di danza si confrontano e si mettono in dialogo.
Gli artisti si esibiscono accompagnati da musica dal vivo ed il filo conduttore dell'evento sarà l'improvvisazione.
Guidati da task e parole chiave indicate dai giurati, sia danzatori/danzatrici che musicisti comporranno e creeranno sul momento la propria espressione.
Il gruppo di giudici che osserveranno e valuteranno le performances sarà composto da 3 esperti del settore, e con questo si intende che potranno essere performers professionisti, coreografi, direttori di compagnie di danza, giornalisti del settore. Questa composizione del gruppo di giurati è pensata in modo da dare diverse tipologie di occasioni ai danzatori che si esibiscono: è ormai regolare che vengano fatte proposte di lavoro in seguito a questo evento (proposte di lavoro non connesse all'evento stesso, ma arrivate grazie all'incontro).

Com’è nata l’idea e perché?
L'idea nasce per il desiderio stesso di farne parte. L'idea nasce da una persona che prima di tutto è stato ed è tutt'ora un danzatore. La voglia di trovare e creare un''occasione per mostrare la propria ricerca di danza, per condividere le proprie visioni, per conoscere nuovi artisti, per danzare su musica dal vivo e magari per ricevere qualche conferma alle fatiche di questo mestiere che richiede tanta ostinazione e costanza. Quindi fondamentalmente tutto è nato pensando a quello che mi sarebbe piaciuto vivere ma che sono riuscito a vedere solo all'estero.
Quando ho introdotto questo contest, e Artisti Associati mi ha supportato nel dare il via a questo appuntamento, non esistevano eventi “experimental” in Italia e ho preso ispirazione da eventi all'estero in cui ho preso parte e da cui ho preso spunti per alcune dinamiche del contest. Poi ne ho aggiunte di altre, pensando appunto a cosa mi sarebbe piaciuto fare se fossi io a partecipare.

Che ruolo ha il pubblico?
Il pubblico ha un ruolo fondamentale: dare il proprio voto. Se da un lato abbiamo il gruppo della giuria, composta da “esperti” del settore da un punto di vista tecnico, dall'altro lato abbiamo il pubblico, esperto del settore da un punto di vista “empatico”. Perchè tutti sappiamo che, purtroppo o per fortuna, non basta la tecnica, ma serve anche un'altra componente, che difficilmente si può valutare con un numero da 1 a 10 ma che “arriva” soggettivamente a chi guarda.
Quindi, al momento della sfida finale, al pubblico è richiesto di condividere la propria preferenza. Verrà calcolata la maggioranza e l'opinione del pubblico verrà sommata a quella dei giudici, definendo il vincitore finale.

La cosa più bella di quest’esperienza
Ovviamente ce ne sono molte, la cosa più bella sono le nuove conoscenze che si fanno durante la giornata di contest, mentre il momento più bello forse è quando tutti i danzatori sono assieme sul palco, pronti per esibirsi ed in sottofondo i musicisti iniziando a scaldare gli strumenti, un momento carichissimo di energia.

Se dovessi spiegarlo a un bambino: perché hai iniziato a danzare?
Perchè mi piaceva, il tempo volava e quando finivo ero felicemente stanco!

Secondo la tua personale esperienza, il confine è
L'inizio

EGRIBIANCODANZA/RAPHAEL BIANCO, GIANLUCA VERLINGERI // VISAVÌ MEETS ART COREOFONIE #LESACRE

Sei già stato a Gorizia?
Si fulmineamente in occasione della NID.

Se sì, una cosa che ti ha sorpreso
Mi è sembrato che ci fosse un rapporto più ravvicinato fra città e cittadini, e allo stesso tempo una strana geografia, una porta verso altri orizzonti.

Secondo la tua personale esperienza, il confine è:
Un limite mentale, una protezione verso ciò che è estraneo in forma più o meno concreta.

Se dovessi spiegarlo a un bambino: perché hai iniziato a danzare?
Perché volevo sentire la musica nel mio corpo e del mio corpo.

Un consiglio a una compagnia che inizia
Ascoltare il pubblico, preservare identità e rimettere costantemente in gioco le proprie convinzioni.

Una performance che durante il festival ripeterete per tre volte in tre luoghi diversi. Si tratta di un’originale versione della Sagra della primavera, creata in collaborazione con METS di Cuneo e che cambia ogni volta in base al luogo in cui si svolge e all’intervento degli spettatori. Che cosa più vi preme comunicare e far sperimentare al pubblico?
La responsabilità di una comunità umana più o meno diretta rispetto alle sorti di persone apparentemente estranee.

Convincimi a venire a vederlo:
La tua presenza determina l'esito irripetibile e unico dello spettacolo.

ŻFINMALTA NATIONAL DANCE COMPANY/ROY ASSAF // GIRLS&BOYS

“Girls&Boys” verrà presentato per la prima volta in Italia in forma completa durante Visavì Gorizia Dance Festival. Viene descritto come una performance giocosa e provocatoria, capace di rovesciare dinamiche e ruoli di genere. In questa prima nazionale, cos’è che più ti preme comunicare/raccontare al pubblico?
Desidero comunicare al pubblico di essere gentili gli uni con gli altri, di scoprire l’arte della pazienza nei momenti difficili, di mettere in discussione i propri schemi, di diventare amici con l’ignoto, di lasciar andare i propri idoli, di ribellarsi quando necessario, di scendere a compromessi quando necessario, di perdersi qualche volta di proposito, di essere consapevoli del valore della noia e del fatto che tutto dentro e attorno a noi è momentaneo.

Se dovessi descrivere il tuo spettacolo con 3 parole:
Lasciate-mi pensare

Convincimi a venire a vederlo:
Dovreste venire a vedere lo spettacolo, senza porvi domande o dubbi, a prescindere dal piacere o dalla sofferenza che vi porterà. Dovreste venire per sostenere l’arte in generale e la danza contemporanea in particolare, una cosa di cui la società ha davvero bisogno.

Secondo la tua personale esperienza, il confine è:
Un oggetto tra due Paesi.

Se dovessi spiegarlo a un bambino: perché hai iniziato a danzare?
Quando ero felice sentivo sempre il bisogno di danzare. Quando ascoltavo della musica sentivo sempre il bisogno di danzare. Quando ero triste, emozionata, annoiata, irrequieta, arrabbiata o carica di energia sentivo sempre il bisogno di danzare.

Un consiglio a una compagnia che inizia:
Fate un grande respiro prima d’iniziare.

EN-KNAP PRODUCTIONS & ZAGREB DANCE COMPANY/JESÚS RUBIO GAMO // GRAN BOLERO

Mattia Cason, danzatore e membro della direzione artistica del Gruppo En-Knap
Petra Glad Mažar, responsabile della Compagnia di danza di Zagabria

Sei già stato a Gorizia? Se sì, una cosa che ti ha sorpreso. Se no, una cosa che sogneresti di trovare.
Mattia: Sì, sono stato a Gorizia molte volte. La cosa che mi ha affascinato di più finora è il cimitero ebraico appena fuori città, a Rožna Dolina, con la semplice, spoglia e priva di orpelli tomba di Carlo Michelstaedter – il famoso filosofo e punto di riferimento della mia vita.
Petra: No, non ci sono mai stata. Ci auguriamo d’incontrare nuove persone, di scoprire artisti che non abbiamo mai avuto modo di vedere prima e di trovare un pubblico che amerà e accoglierà il nostro Gran Bolero.

Secondo la tua personale esperienza, il confine è:
Mattia: Un posto dove le differenze s’incontrano. Il più “Europeo” di tutti i posti del mondo. Ho oltrepassato il confine italo-sloveno molte volte, sia a Gorizia che altrove, e sono sempre rimasto affascinato di come la continuità del paesaggio naturale venisse accompagnata da leggeri e graduali cambiamenti nel paesaggio culturale… arrivando dall’Italia ci si sente oltreconfine già salendo le prime colline, arrivando dalla Slovenia si percepisce subito la presenza di Venezia già scendendo l’alta Valle del Vipava.
Petra: Il confine è un limite. E i limiti devono essere valicati per poter esplorare, sperimentare e imparare.

Se dovessi spiegarlo a un bambino: Perché hai iniziato a danzare?
Mattia: Semplicemente perché quando correvo, quando saltavo, ero felice! Molto più di un’arte, la danza è un’esperienza esistenziale, un modo di esistere fisico, sensoriale, irrazionale che ci permette di andare oltre al principio di non contraddizione di Platone, di sperimentare il mondo così com’è: contraddittorio, meravigliosamente inutile, sempre in movimento.
Petra: Non sono una ballerina professionista ma a volte ballo. Quando ballo mi sento di nuovo me stessa, è un modo per sentirmi reale. Come produttrice e curatrice, da quasi vent’anni sono innamorata della danza contemporanea. Perché? Mi piace l’ampiezza dell’esperienza che mi dà la danza contemporanea, l’opportunità d’inserire significati ed emozioni negli spettacoli a cui assisto e i processi di cui sono parte. Questo è anche il motivo per cui, molto tempo fa, sono passata dal teatro alla danza: l’apertura e la franchezza che sento nella danza.

Un consiglio a una compagnia che inizia:
Mattia: Di pensare al contenuto, non alla forma. Di provare a focalizzarsi su ciò che è davvero importante e poi dirlo, condividerlo attraverso il corpo o attraverso qualsiasi altra cosa – solo per non restare bloccati in una scuola, in uno stile o in un qualsiasi schema preconfezionato; di continuare a restare se stessi e di condividere se stessi con gli altri, esplorare all’interno il proprio corpo e attraverso il corpo esplorare il mondo esterno, i paesaggi, le persone… la forma arriverà da sé, se ci si focalizza su quello che sembra essere vita, verità. Citando Ludwig Wittgenstein: “focalizzatevi su qualsiasi cosa suoni come ‘was der Fall ist’.”
Petra: Circondatevi di persone brillanti e create dal cuore!

Questa nuova versione del “Gran Bolero” verrà presentato per la prima volta in Italia durante Visavì Gorizia Dance Festival. Definito come una composizione classica che è tutto fuorché classica. In questa prima nazionale cos’è che più ti preme comunicare/raccontare al pubblico?
Mattia: Di sedervi, di rilassarvi e, se vi va, di divertirvi! E se vi piacerà davvero, sentitevi liberi di alzarvi, di salire sul palco e di unirvi al nostro continuo girotondo!
Petra: Siamo felici di presentare il Gran Bolero in Italia. Il modello da cui parte tutto è il Bolero di Maurice Ravel, musica che viene considerata classica. Vogliamo che il pubblico riscopra la composizione con le alterazioni intrecciate da José Pablo Polo e i movimenti così abilmente intessuti da Jesus Rubio Gamo. Penserete di sapere cosa vi aspetta, ma la danza contemporanea è fatta per sorprendervi.

Convincimi a venire a vedere il tuo spettacolo:
Mattia: Perché può essere un’esperienza davvero collettiva, dove il genio di Ravel e del suo Boléro possono farci sentire un po’ più vicini, un po’ meglio.
Petra: Se amate il teatro, se vi piace la danza contemporanea o se avete bisogno di tempo per voi stessi, venite! Sono assolutamente convinta che vi piacerà. Per me è come una buona terapia.

BALLETTO DI ROMA & TEATRO GIOCO VITA / VALERIO LONGO, FABRIZIO MONTECCHI // IL PICCOLO RE DEI FIORI

“Il piccolo re dei fiori” esplora una forma di contaminazione tra i linguaggi della danza, del teatro d’ombre e della musica, un progetto intorno al quale si sono ritrovate due storiche strutture del teatro e della danza: Balletto di Roma e Teatro Gioco Vita. Con questo lavoro cosa più vi preme comunicare/raccontare al pubblico?
Dopo aver conosciuto entrambe le realtà artiche/produttive sono certo che il desiderio è quello di intrattenere con immagini e movimento ma anche di sussurrare riflessioni su tematiche e valori umani intramontabili, come la ricerca della felicità, spesso cercata lontano in altri luoghi e dimensioni senza accorgersi che invece è proprio sotto i nostri occhi o vive da tempo, proprio come nel Piccolo Re dei Fiori, nella porta della casa difronte! 

Se dovessi descrivere lo spettacolo con 3 parole:
colorato, emozionante, riflessivo.

Convincimi a venire a vederlo
Venire a vedere lo spettacolo è sicuramente, un bel modo per avere argomenti con i quali intavolare riflessioni con i piccoli spettatori.

Secondo la tua personale esperienza, il confine è:
Un'idea che spesso non coincide con la realtà! 

Se dovessi spiegarlo a un bambino: Perché hai iniziato a danzare?
Non ho dubbi su come risponderei!! Lo inviterei a danzare, a muoversi e la risposta la troverà da solo. 

Un consiglio a una compagnia che inizia
Scoprire e Scoprirsi!

TPO / FRANCESCO GANDI, DANIELE DEL BANDECCA, MARTINA GREGORI // LA CASA DEL PANDA

Sei già stato a Gorizia? Se no, una cosa che sogneresti di trovare
No, mai stato. Mi auguro di trovare un bel pubblico e dei bambini felici di venirci a vedere.

Secondo la tua personale esperienza, il confine è
Il confine è un limite che può essere oltrepassato.

Se dovessi spiegarlo a un bambino: Perché hai iniziato a danzare?
Ho iniziato a danzare tardi, all'età di 21 anni. Danzare è stata la mia salvezza. Ho iniziato a farlo mentre mi stavo laureando in biologia e mi rendevo conto di quanto ero felice ogni volta che andavo a lezione di danza e così dopo la laurea ho preso la mia scelta.

Un consiglio a una compagnia che inizia
Ci vuole tantissima pazienza all'inizio. Soprattutto ci vuole il coraggio di andare avanti e credere nei propri progetti, anche quando si ricevono porte in faccia.

“La Casa del Panda” mette in scena immagini e suoni, crea ambienti sensibili, colorati e interattivi per un’esperienza immersiva. Con questo spettacolo cos’è che più ti preme comunicare/raccontare al pubblico?
La cosa che più ci preme è quella di far restare i bambini (e gli adulti) incollati con lo sguardo sulla scena. A volte lavoriamo anche con bambini molto piccoli e lì la sfida è ancora più bella.

Convincimi a venire a vederlo
La casa del panda è uno spettacolo da vedere!!! Scoprirete quali sono i 5 elementi della cultura cinese, lotterete contro mostri, vedrete conigli sulla luna e tanto altro. Solo con il tuo aiuto i nostri protagonisti potranno finalmente trovare il loro Panda!!!! 

VAN, Marco D’Agostin // GLI ANNI

Sei già stato a Gorizia? Se sì, una cosa che ti ha sorpreso. Se no, una cosa che sogneresti di trovare.
Sono stato più volte a Gorizia. È una città sospesa nel tempo, in cui si mischiano le storie.

Secondo la tua personale esperienza, il confine è
Un artefatto umano attraverso cui il modello patriarcale ha obbligato il mondo a organizzarsi, ai danni delle persone razzializzate, sessualizzate, offese.

Se dovessi spiegarlo a un bambino: Perché hai iniziato a danzare?
Perché danzare è un meraviglioso modo di stancarsi ed esaurire le energie che si hanno in corpo.

Un consiglio a una compagnia che inizia
Vedere molti spettacoli di altri artisti - se possibile conservare risorse economiche e viaggiare altrove per farlo.

“Gli anni” evoca sia il racconto personale e assieme generazionale del romanzo di Annie Ernaux, sia la celebre canzone degli 883. Con questo lavoro cosa vorresti comunicare al pubblico?
Non mi piace mai ragionare nei termini di un “messaggio” che dallo spettacolo viaggi diretto verso lo spettatore. La comunicazione di un lavoro teatrale passa più attraverso i fraintendimenti che attraverso la leggibilità dei contenuti. I fraintendimenti riassegnano allo spettatore uno spazio di libertà, un luogo del pensiero in cui ricombinare i dati per avvicinare il più possibile l’opera alla propria vita. Gli anni racconta una vita, e mi piace pensare che il racconto tocchi nel vivo le vite degli spettatori.

Convincimi a venire a vederlo
Marta Ciappina è la migliore interprete della scena italiana.

KIBBUTZ CONTEMPORARY DANCE COMPANY -2ND COMPANY / LÉA BESSOUDO GRECK // ME ANI (WHO AM I)

“Me (Who Am I)” si muove a partire da una domanda “Chi siamo veramente una volta che tutte le definizioni e le cose esterne vengono eliminate?”. Con questo lavoro che verrà presentato per la prima volta in Italia durante Visavì Gorizia Dance Festival cosa più ti preme comunicare/raccontare al pubblico?
Voglio invitare il pubblico a sentire. A sentirsi libero di sentire le proprie emozioni. L’emozione sentita rivela i passi della costruzione della memoria: gioie, paure, passioni e disgusti. La memoria emotiva è molto intima come forma di protezione primitiva. È un soggetto universale.

Se dovessi descrivere il tuo spettacolo con 3 parole
“Oltre Le Apparenze”.

Convincimi a venire a vederlo
Me Ani (‘Who Am I’) tocca il tema dell’identità su vari livelli e dà spunto di riflessione sia ai bambini che agli adulti. È un lavoro dinamico e colorato che mette in mostra la bellezza dei due ballerini della KCDC. È un momento di comunicazione e di trasmissione. Condividetelo con noi!

Secondo la tua personale esperienza, il confine è
Il confine è un limite sia da non valicare o che determina il tuo territorio di libertà. È quindi una costrizione o una protezione rispetto all’altro e, allo stesso tempo, una zona di libertà.
Può essere fisico e terrestre, può essere sociale, può essere psicologico e meritarsi di essere oltrepassato. Mossa dall’irrefrenabile desiderio di concettualizzare attraverso il movimento e la musica, la mia mente ha solo i limiti di rispettare l’integrità del danzatore. Non temo il giudizio del valore, l’arte autentica è meravigliosamente libera per sua stessa natura.

Se dovessi spiegarlo a un bambino: Perché hai iniziato a danzare?
La danza, il movimento e creare sono la mia passione. È il mio modo di esprimermi, come un’altra lingua.

Un consiglio a una compagnia che inizia
Lavoro, determinazione, fantasia e concettualizzazione. Perseveranza fisica e psicologica.

COMPAGNIA ZAPPALÀ DANZA/ROBERTO ZAPPALÀ // CULTUS

Nel 2020 sei stato ospite alla prima edizione di Visavì Gorizia Dance Festival con Instrument Jam. Ora torni con un debutto assoluto proponendo un percorso coreografico che viaggia dalla sofferenza alla felicità. Cosa più ti preme comunicare/raccontare al tuo pubblico con questo lavoro?
Direi piuttosto cosa mi preme raccontare in generale nelle mie creazioni, e non soltanto e specificamente in questo lavoro. Mi preme raccontare i comportamenti dell'umanità; mi preme raccontare cosa i corpi sanno e possono comunicare ad altri corpi, ma soprattutto mi preme raccontare le magie che le suggestioni create sulla scena generano. Insomma, mi preme raccontare attraverso i corpi la loro anima, i loro eccessi, ma anche le loro fragilità, ben presenti in tutti i corpi. In questo lavoro raccontiamo il desiderio di resurrezione di un'umanità “persa”: rinascita non solo dei corpi ma soprattutto delle anime.

Se dovessi descrivere il tuo spettacolo con 3 parole
Concedetemene 5, ma potrebbero essere molte di più: poetico, estetico, ironico, violento, sentito.

Convincimi a venire a vederlo
Preferisco dare un messaggio che esprima una maturazione interiore e maggiore altruismo nei confronti di tutta la danza. Andate a vedere tanto, molto e diverso “teatro dei corpi”: questa deve essere l'intenzione. Fatta tale precisazione, venite a vedere anche noi perché vedrete voi stessi; voi stessi in ciò che magari non riuscireste a fare o vorreste essere. Venite ad osservare allo specchio le vostre anime. I corpi sono "solo" degli involucri al cui interno sono imprigionate anime che necessitano di esprimersi e di accogliere. Noi non possediamo il corpo, come sostiene anche Heidegger. Aggiungerei: noi siamo i corpi che altri corpi hanno la forza, e spesso l'obbligo o se volete il dovere, di coinvolgere. Con le emozioni che la danza sa trasmettere, i corpi dei danzatori sono lì per coinvolgere i corpi degli spettatori, i vostri corpi, in quello che di esistenziale c'è in voi, non in senso verticale o teologico ma in senso "sartriano", cioè alla ricerca di ciò che saremo, diventeremo e ancora non siamo, visto che l’uomo si interroga sempre sul senso del suo esistere. E credo non ci sia espressione artistica più matura ed efficace della danza per raggiungere la vostra intimità. Per questa ragione e tante altre, dovete venire in teatro.

Secondo la tua personale esperienza, il confine è
Personalmente la parola confine non mi appartiene, almeno se intesa come spazio di delimitazione senza alcuna possibilità di transito. Il confine tende ad "obbligare", specie se non è composto da piccoli spazi vuoti dove è possibile attuare manovre di scambio, entrate ed uscite libere da qualsiasi pregiudizio dove riconoscere il senso della libertà di appartenenza. Ulisse, come sostengono molti filosofi è l'esempio più alto di desiderio di sconfinamento verso la libertà.

Se dovessi spiegarlo a un bambino: Perché hai iniziato a danzare?
La mia personale esperienza inizia per amore di una ragazzina che faceva danza. Molto presto però si è trasformata in un'esperienza di passione e conseguente innamoramento verso la danza stessa; passione e innamoramento tutt’oggi ancora protagonisti nella mia vita di artista.

Un consiglio a una compagnia che inizia
Non amo dare consigli perché ogni individuo ha necessità di assumere un particolare atteggiamento verso il lavoro, e ancor di più verso la creazione artistica. Se proprio vengo messo alle strette allora il mio consiglio è: non abbiate fretta, credete in voi stessi mettendoci grande passione e dedizione al sacrificio. Non siamo in un talent dove si cerca a tutti i costi l'x factor nel più breve tempo possibile; nella vita "reale" il talento se c'è prima o poi si rivela e cala  le carte in tavola; poi si devono sapere leggere queste carte cercando di non bluffare, anzi mettendo in scena il più possibile la propria autenticità.

FRITZ COMPANY / ALESSANDRA PAOLETTI, DAMIANO OTTAVIO BIGI // UN DISCRETO PROTAGONISTA

Sei già stato a Gorizia? Se sì, una cosa che ti ha sorpreso. Se no, una cosa che sogneresti di trovare.
Purtroppo non siamo mai stati a Gorizia. Ci piacerebbe trovare una realtà dove poter incontrare visioni diverse, con artisti che esprimano il loro mondo in modo personale, senza seguire qualcosa di prestabilito.

Secondo la tua personale esperienza, il confine è
Il confine rischia troppo spesso di diventare qualcosa che separa e che ci chiude in un piccolo mondo egocentrico. Al contrario crediamo che l’arte, in generale, possa usare il confine per scoprire in profondità chi siamo, la nostra cultura e quindi dare spazio all’incontro a partire da un’identità consapevole per aprirsi allo scambio e alla scoperta di nuovi mondi, di nuove possibilità. Il confine è un’occasione.

Se dovessi spiegarlo a un bambino: perché hai iniziato a danzare?
Forse perché a parole a volte è impossibile spiegare qualcosa di te stesso, qualcosa che neanche tu riesci a comprendere. Il movimento ti dala possibilità di esprimere questo qualcosa, di giocarci, senza necessariamente doverlo definire.
E poi è divertente, puoi usare la tua fantasia e inventare dei mondi, liberamente: puoi diventare un soldato, una montagna, un mago, o volare… quando danzi tutto è possibile!

Un consiglio a una compagnia che inizia
Studiare, lavorare tanto per cercare di costruire un equilibrio tra il proprio linguaggio, e allo stesso tempo riuscire ad indossare un’armatura per superare le difficoltà concrete, le critiche, e rimanere sinceri con se stessi, nonostante non si possa piacere a tutti.

I vostri lavori nascono in dialogo con linguaggi di diversa natura, muovendosi tra danza, teatro e arti visive. Con questo spettacolo cosa vorreste comunicare al pubblico?
Noi stessi stiamo scoprendo l’effetto che il nostro lavoro ha sul pubblico. Partiamo da temi molto concreti e piuttosto complessi, che guardano alla scienza o al mito, e che sono però solo un punto di partenza dal quale sviluppare un mondo attraverso il processo creativo che attiviamo e la nostra immaginazione. Il risultato finale trasmette di fatto sensazioni ed emozioni molto diverse al pubblico, che a volte sorprendentemente hanno a che vedere proprio con quei concetti iniziali da cui eravamo partiti. Altre volte, invece, si tratta di sensazioni che rimandano a un vissuto molto personale. E per noi è fondamentale lasciare questo spazio allo spettatore. Cerchiamo di creare impressioni a cui lasciarsi andare, in modo che ognuno possa vivere questo cammino in modo assolutamente personale.

Convincimi a venire a vederlo
Per noi ogni spettacolo è un viaggio che si completa nell’incontro con lo spettatore. A partire da questo momento, il viaggio continua nel pubblico, nella sua fantasia, immaginazione ed esperienza. Lo spettatore si alimenta di diversi momenti e li trasforma, ci gioca trasportandoli anche in luoghi a noi sconosciuti. Crediamo che questo sia il senso di uno spettacolo: crearlo per poi perderlo e darlo al pubblico, individualmente, ad ognuno degli spettatori.